Migranti – Valigia Blu

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Io, emigrata fra i migranti dell’Africa

Una giovane giornalista napoletana va a studiare a Siena, dove inizia ad insegnare l’italiano ai rifugiati africani. Con loro condivide la condizione di migrante, le differenze culturali e linguistiche. Le difficoltà. E la voglia di partire ancora.

I ragazzi vengono da Gambia, Mali, Senegal, dalla Guinea. Parlano inglese, francese, fula, soninke, bambara o wolof. C’è Waie, che parla solo creolo e mandinka. Il primo giorno è arrivato vestito di tutto punto: giacca, cravatta, camicia bianca. Scarpe eleganti, anche se non proprio nuovissime. Si è subito conquistato il soprannome di Pippo Baudo, con il suo sorriso smagliante da prima serata. Dice di avere 23 anni, Waie, ma non è che gli ho creduto molto. «Gli africani fanno così, si abbassano l’età», mi ha spiegato Chiara. In realtà di anni non ne hanno molti di più di me. Che sono ragazzi lo vedi dal fare ribelle con cui stanno seduti sulle sedie, dalla musica che parte subito con la pausa, da come si prendono in giro a vicenda. Eppure, anche se possono sembrare spensierati, non è facile conquistare la loro fiducia. La prima volta che li abbiamo incontrati abbiamo chiesto loro di scrivere il proprio nome su un pezzetto di carta colorata, attaccarlo al petto e presentarsi. Camara ha attaccato il suo cartellino al muro, è si arrabbiato quando ha visto che i compagni mettevano un cartellino sopra l’altro.

Da quando conosco Waie, Camara e gli altri, ho cominciato a ripensare al significato della parola migrazione. Ho ridimensionato la mia e ho iniziato a guardare le immagini delle migliaia di persone che arrivano sulle nostre coste in maniera diversa. Ho provato sensazioni nuove alla consapevolezza che persone come i nostri alunni muoiono nelle nostre acque, ogni giorno. Persone con gli occhi di Souleyman, che sta sempre seduto in un angolo e nasconde il viso dietro il foglio. Questi ragazzi hanno storie che non conosco, che forse non conoscerò mai. Eppure, quando gli chiedo di parlare di casa loro mi sembra di conoscerli. Waie, Camara, Souleyman hanno fatto richiesta di protezione internazionale e ora aspettano. Ora vivono in un limbo. Nel frattempo io e Chiara proviamo ad insegnare loro l’italiano, ma non sono così sicura non vorranno andare via da qui. Perché sono come me: non conoscono arrivi, solo partenze.

 

 


Segnalato da:
Silvia Aurino

Categories:   Segnalazioni

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