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Vicinanza attiva a Modena: la storia di Rossana e Mari che si sono ‘adottate’ a vicenda

Rossana (al centro) assieme alla famiglia filippina che ha “adottato”, e sua madre (con la maglia scura).

Rossana (al centro) assieme alla famiglia filippina che ha “adottato”, e sua madre (con la maglia scura).

Due donne, due diversità, un incontro magico, le loro esigenze complementari e la voglia di stare in relazione. Sono questi gli elementi da cui è scaturito il progetto di cittadinanza attiva ideato e realizzato a Modena da Rossana Roli, una donna con disabilità con una vita intensa e piena di impegni. Attraverso questo progetto Rossana e la sua assistente filippina adesso vivono nello stesso condominio, e quest’ultima è riuscita a ricongiungersi con la propria famiglia. Una storia emblematica, che mostra quanta “bellezza” può generare la pratica dell’accoglienza.

 

…Io per fortuna ho incontrato Mari, una ragazza splendida, di trentacinque anni, che viene dalle Filippine. Ci conosciamo da quattro anni e quando l’ho incontrata era qui in Italia da sola. Nel nostro crescere insieme, io ho cercato di aiutare lei a fare il ricongiungimento familiare, aiutandola a portare in Italia la sua famiglia (composta da un marito e due figli), e lei si è resa disponibile a prestarmi assistenza notturna. Mentre per il giorno mi servo di due altre assistenti. Non mi piaceva la formula del “badantato”, preferisco far riferimento a diverse persone che lavorano per me e provvedono all’assistenza. Io sono una persona complessa, con una vita piena, intensa, per far fronte alla quale non può essere sufficiente aver un’unica assistente di riferimento. Per realizzare questo progetto ho coinvolto l’Unicapi, una cooperativa con lo scopo di provvedere con spirito mutualistico e senza fini di lucro alla costruzione e alla gestione di alloggi da assegnare in godimento ai propri soci, la sezione locale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), di cui faccio parte, ed il Comune di Modena. Tutti questi soggetti hanno collaborato e si sono subito resi disponibili, tanto che, nel tempo di appena sei mesi, Mari e la sua famiglia sono venuti a vivere nel mio stesso condominio, e possiamo aiutarci a vicenda. Il Comune mi eroga un contributo che copre due terzi del mio fabbisogno di assistenza. Io ho condiviso la mia idea anche con Miria e Maddia, due mie amiche, anch’esse con una disabilità simile alla mia, che non hanno bisogno di assistenza perché sono entrambe sposate e fanno riferimento ai propri mariti, ma ora sanno che, in caso di emergenza, possono contare su un’ulteriore figura di supporto. La cosa bella di questa storia è che adesso tutta la famiglia di Mari collabora con la mia eci aiutiamo vicendevolmente, ad esempio, suo marito, se serve, si occupa del giardino, mentre io ricambio ospitando spesso i loro figli, che adoro, e aiutandoli a fare i compiti. Io definisco questa mia esperienza di cittadinanza attiva come un’adozione reciproca. Nel realizzare questo progetto non ho trovato nessuna “porta chiusa”, tutti hanno capito che c’era una complementarietà di interessi, e che questo tipo di soluzione si presta ad essere utilizzato anche in altri casi.»

Le notizie dei disperati che salpando dall’Africa dilaniata dalle guerre e dalla povertà cercano di raggiungere l’Europa, e spesso, invece, approdano in fondo al mare, sono accolte in Italia con atteggiamenti di segno opposto. C’è chi sottolinea i valori dell’accoglienza, della solidarietà e dell’ospitalità, ma anche chi, senza pudore, esprime ostilità, razzismo e xenofobia. Lei, che vive quotidianamente un’esperienza di convivenza felice con persone immigrate, cosa direbbe a questi ultimi?

«Ci sarebbe da dire un mondo di cose, perché stiamo parlando della vita umana. Ad un livello personale, ringrazio la vita e la fortuna che Mari sia venuta in Italia. Il nostro è stato un incontro magico. Noi avevamo due debolezze che insieme sono diventate una forza, un po’ come in matematica dove la somma di due segni negativi ne genera uno positivo. Credo che sia indiscutibile che l’umanità deve vivere, il diritto alla vita è un diritto inalienabile di ogni uomo, e se nel proprio Paese un uomo rischia la morte deve andarsene via, e gli altri Paesi hanno l’obbligo morale di accoglierlo. Non so come, né in che modo, ma so che c’è un obbligo morale di accoglierlo in quanto uomo. Credo che la politica debba risolvere questo problema attraverso  la cooperazione, e magari vendendo meno armi ai popoli in conflitto.»


Segnalato da:
Simona Falcioni

Categories:   Segnalazioni

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